25 aprile 2014

CASTELLANI PRESENTA: UN INASPETTATO TWIST

IL PRIMO VINO ITALIANO IMBOTTIGLIATO CON HELIX: UNA SOLUZIONE INNOVATIVA NEL PACKAGING DEL VINO FIRMATA O-I

La Tenuta Castellani nasce a Montecalvoli verso la fine dell'800 quando Alfredo, già viticoltore di lunga data, decise di incominciare ad imbottigliare e vendere il proprio vino. Nel 1903 l’attività viene ufficializzata con l’iscrizione alla Camera di Commercio di Pisa. Da allora l’Azienda ha continuato a migliorare e a espandersi, ultimo acquisto è stato un vigneto, di circa 26 ettari, nella zona delle Colline Pisane. “Le Tagliate”, questo il suo nome, si trova all’interno della Tenuta Santa Lucia e la coltivazione di quest’ultimo è totalmente a conduzione biologica. Grazie a questa scelta entra a far parte dell’ambizioso progetto “Castellani Bio” e rappresenta una valida opportunità nel campo della ricerca sull’uva Ciliegiolo; un vitigno storicamente usato nell’uvaggio del Chianti che sta dando ottimi risultati anche in purezza, soprattutto nelle vigne in prossimità della costa Toscana.
Proprio su questo vitigno autoctono la Tenuta Santa Lucia sta puntando: un nuovo prodotto Ciliegiolo 100% raccolto secondo i canoni della vendemmia tardiva con un leggero appassimento in pianta.
Il primo vino prodotto da questa “nuova” Tenuta è un taglio di Sangiovese e Ciliegiolo; un prodotto giovane, di pronta beva, fresco, fruttato, con un colore intenso che dà il suo meglio in abbinamento ai piatti tipici della cucina Toscana. Si presenta a Vinitaly 2014, in anteprima, con l’annata 2013 e con un packaging innovativo.
Toscano”, questo il nome del vino, è imbottigliato in collaborazione con HELIX usando l’innovativa soluzione “twist to open”, destinata a prodotti di fascia medio-alta. Un risultato ottenuto dalla collaborazione, durata quattro anni, tra Amorim e O-I; Helix è un connubio perfetto tra un tappo in sughero dal design ergonomico e una bottiglia di vetro con una filettatura interna posta nel collo della bottiglia.
Il twist, realizzato da Helix, ha il vantaggio di poter essere aperto a mano, senza alcuno sforzo, semplicemente tenendo premuto e ruotando la parte superiore. Questo facile e semplice movimento renderà più facile la stappatura della bottiglia senza perdere l’emozione della tradizione, a cui noi italiani siamo tanto legati, regalataci dal tappo di sughero.
Dopo l'apertura, Helix può essere risigillato nello stesso modo, ottenendo una chiusura ideale per conservare le caratteristiche organolettiche del vino.

A Vinitaly ha fatto il suo debutto anche “Ciliegiolo”; un vino passito con una bella morbidezza, un residuo zuccherino tra gli 8 e 12 g/l, profumi che ricordano il vitigno d’origine, avvolgente e di facile beva. Un vino “ruffiano” che in una serata tra amici riesce a mettere d’accordo tutti.
Due prodotti innovativi e nello stesso tempo nel segno della tradizione che rispecchiano l’amore per questa terra e per i vitigni autoctoni, da provare anche solo per l’emozione del “twist Toscano”.
Mi sorge spontanea una domanda: il cavatappi tanto amato dai sommelier e dagli appassionati del vino dovrà andare, forse, in futuro, in pensione?

Ai posteri l’ardua sentenza!



22 aprile 2014

MONTESCUDAIO: VINI DI-VERSI A VINITALY

Martedì 8 aprile, a Vinitaly 2014, sette aziende ambasciatrici della DOC Montescudaio si sono presentate in un’insolita degustazione orizzontale con lo scopo di far conoscere e apprezzare le caratteristiche dei prodotti di un territorio a volte messo, ingiustamente, in ombra dalla vicinanza con la DOC Bolgheri.  
I 14 vini scelti per quest’occasione sono stati tutti biologici o biodinamici, importante è anche stata la partecipazione di tutti i produttori.

Ricordiamo che dal 1° agosto 2012, questa tipologia di vini possono finalmente riportare il termine "biologico" in etichetta, con il logo biologico UE. Questo significa che il vino può, ora, essere legittimamente identificato come prodotto biologico; in passato, questi potevano essere etichettati solo come ottenuti "da uve biologiche". Il nuovo quadro legislativo, istituito dal regolamento (CE) n. 834/2007, è stato completato dal regolamento (CE) n. 203/2012 che stabilisce norme dettagliate sulla vinificazione biologica aprendo così la porta al vino biologico in Europa.

Presenti in sala tra i vari produttori, Luigi Malenchini, di Marchesi Ginori Lisci, Presidente del Consorzio Montescudaio. La parte del moderatore è spettata a Paola Rastelli, delegata AIS Livorno, mentre degustatore d’eccezione è stato Andrea Gori, Campione Toscano sommelier nel 2006, ViceCampione Europeo nel 2008 e quest’anno Ambassadeur de Champagne per l’Italiav, Wine blogger, tra le venti figure al mondo più influenti sul web per quanto riguarda il vino; troppi sarebbero i titoli di questo sommelier che ama definirsi “informatico”.
Un territorio, questo di Montescudaio, vocato alla viticoltura fin dal tempo degli Etruschi. Quattordici aziende, incastonate, come gioielli, in un paesaggio influenzato dal mare e dalle sue brezze. Una storia millenaria rappresentata sul "cinerario di Montescudaio" (VII sec. a.C.) che raffigura un banchetto funebre con un grande vaso "cratere" nel quale veniva mescolato il vino con l’acqua, secondo l'uso greco.
La storia della vite in questo territorio si snoda attraverso i secoli fino ai nostri giorni. Nel 1968 nasce la Sagra del vino, mentre nel 1977, nasce la DOC Montescudaio con due tipologie: un rosso, a base di Sangiovese, Trebbiano, Malvasia, e altre varietà come Canaiolo e Colorino, e un bianco, a base di Trebbiano, Malvasia e Vermentino, che può essere prodotto anche come Vin Santo secco, semisecco o dolce. Il disciplinare, modificato nel 1999, consente l’utilizzo dei vitigni internazionali. In questi quaranta anni il Consorzio si è consolidato ed ha raggiunto obiettivi importanti portando il nome di questa zona su scenari internazionali grazie a prodotti di qualità. Negli ultimi anni, poi, si è accentuata sempre di più la volontà di far parlare di Montescudaio e del suo territorio fuori dal contesto locale e regionale.
La denominazione di origine controllata “Montescudaio rosso” è riservata ai vini che hanno una percentuale di Sangiovese almeno del 50%; i vini della denominazione di origine controllata Montescudaio Rosso, con la specificazione di uno dei vitigni Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot o
Sangiovese, devono essere ottenuti con uve corrispondenti ai vitigni per almeno l'85%.
La zona delle uve atte alla produzione dei vini DOC ricade nella provincia di Pisa e comprende i terreni vocati alla qualità dei territori amministrativi dei comuni di: Casale Marittimo, Castellina Marittima, Guardistallo, 
Montecatini Val di Cecina, Montescudaio, Riparbella e Santa Luce.

I campioni in degustazione sono stati:
CAIAROSSA: CAIAROSSA 2009, IGT TOSCANA (Blend);
PERGOLAIA 2009, IGT TOSCANA Sangiovese;
MARCHESI GINORI LISCI:
CASTELLO GINORI 2009, DOC MONTESCUDAIO Merlot;
MACCHION DEL LUPO 2010, DOC MONTESCUDAIO Cabernet Sauvignon;
PAGANI DE MARCHI: PRINCIPE GUERRIERO 2010, DOC MONTESCUDAIO ROSSO Sangiovese;CASALVECCHIO 2008, IGT TOSCANA Cabernet Sauvignon;
PAKRAVAN PAPI:
CAMPO DEL PARI 2011, IGT TOSCANA Merlot, Cabernet Franc;BECCACCIAIA 2009, IGT TOSCANA Merlot;
COLLINE DI SOPRA:
SOPRA 2010, DOC MONTESCUDAIO Sangiovese;
RAMANTO 2010, IGT TOSCANA Cabernet Franc e Petit Verdot;
FONTEMORSI:
VOLTERRANO 2009, IGT TOSCANA Sangiovese;
GUADIPIANI 2009, IGT TOSCANA Sangiovese, Merlot;
SORBAIANO:
ROSSO DELLE MINIERE 2007, DOC MONTESCUDAIO ROSSO Sangiovese, Cabernet Franc, Malvasia Nera; SORBAIANO 2011, DOC MONTESCUDAIO ROSSO Sangiovese, Montepulciano, Malvasia Nera.

La degustazione è stata divisa in due parti, prima i campioni a base Sangiovese, in purezza o in uvaggio, e poi quelli ottenuti dai vitigni così detti “internazionali”, per notare le varie differenze.
Si è potuto così vedere come uno stesso vitigno possa dare risultati diversi secondo il “terroir”, una parola che nel mondo del vino si sente ormai usare molto spesso. Una piccola DOC, ma con una tale differenza di territorio che si rispecchia nei bouquet e nel gusto dei vari prodotti. Il mare che si è ritirato ha lasciato salinità nei terreni, mentre il fiume Cecina regala a questi ultimi mineralità; tutto questo lo ritroviamo nelle note sapide e minerali dei vini senza dimenticare le classiche note mediterranee tipiche della zona. Una DOC che ci regala vini meravigliosi e accattivanti sia con il Sangiovese, principe dei vitigni toscani, sia usando quelli così detti “ internazionali”.


14 aprile 2014

ÔMINA ROMANA: UN’ARABA FENICE NEL LAZIO A VINITALY 2014

Tra le varie aziende, presenti in questa 48esima edizione di Vinitaly, troviamo ÔMINA ROMANA, una realtà nata dalla passione dell’imprenditore tedesco Anton Börner. Sposato con un’italiana, decise di concretizzare la sua passione in un investimento nel settore vitivinicolo, per dar vita e forma alle sue idee.
Dopo attente valutazioni dei vari terroir decise di acquistare nel 2004 una tenuta nel Lazio. Il nome scelto per l’azienda deriva da “Ômina” forma plurale della parola latina omen, buon presagio; inoltre “Ômina” inizia con l'ultima lettera dell'alfabeto greco, omega, e termina con la prima, alfa, che rappresentano l’inizio e la fine. Un nome che vuole richiamare la mitologica “fenice” che rinasce dalle proprie ceneri, rappresentata anche nel marchio aziendale, per richiamare la rinascita della viticoltura di qualità nel Lazio.
 Le vigne sono curate e coltivate in completa armonia con la natura; dopo la vendemmia le uve sono lavorate senza forzarne i processi, concedendo ad ogni vitigno tempo e riposo per evolversi. “Il nostro vigneto segue la filosofia del Mens et Manus” - spiega Anton Börner - “Sono la mente e la mano, razionalità e concretezza a trasformare l’uva nella sua essenza più nobile, il vino. Combinando la coltivazione sostenibile con la natura, gli anni di esperienza e le moderne scoperte scientifiche, in ÔMINA ROMANA diamo vita a undici varietà di uve rosse e a sette varietà di uve bianche, che vengono trasformate in un vino elegante ed esclusivo grazie a impegno, passione ed esperienza”.

La Tenuta è situata nei Colli Albani, nei pressi di Velletri, e comprende circa 80 ettari. I vigneti sono situati su terreni collinari, ad un'altitudine di circa 250 metri, con un’esposizione prevalentemente a ovest, beneficiando così degli influssi dati dalla vicinanza del mare. I suoli, di origine vulcanica, sono in superficie argillosi, con alcune zone a tessitura sabbiosa. Il clima, con inverni miti ed estati soleggiate, ma mitigate dalla fresca brezza marina, risulta ideale per la coltivazione della vite. Numerose le varietà impiantate, da quelle internazionali, come Viognier, Chardonnay, Merlot, Syrah, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc, a quelle più tradizionali, come Cesanese, Carignano, Montepulciano, Sangiovese, Manzoni, Moscato e Bellone.
Ogni fase della lavorazione, dalla vigna alla cantina, è particolarmente curata con un focus per il momento della vendemmia. Questo viene deciso tramite l’analisi sensoriale delle uve, prendendo in considerazione vari parametri, tra cui la facilità di distacco dell’acino dal raspo, la consistenza, l’acidità, la componente fenolica della buccia, la dolcezza, l’acidità della polpa e la lignificazione dei vinaccioli. Al momento ottimale l’uva viene, quindi, raccolta a mano e portata in cassette in cantina, scaricata su un tavolo di cernita, dove vengono eliminati i grappoli non perfettamente maturi o sani, e diraspata. Ogni varietà è vinificata separatamente.
Per la produzione dei cru aziendali, si esegue una macerazione pre-fermentativa a freddo, a partire dal tavolo di cernita dei grappoli, dove viene aggiunto ghiaccio secco. Dopo la diraspatura e la selezione dell’acino, si passa alla pigiatrice e poi, attraverso uno scambiatore termico, in un serbatoio a temperatura controllata, insieme ad altro ghiaccio secco, dove viene mantenuta a 6-8°C per 2-3 giorni, allo scopo di estrarre dalla disintegrazione a freddo delle bucce una elevata quantità di composti fenolici, sostanza colorante e precursori aromatici.
 Interessante la scelta dei nomi di alcuni vini che prendono spunto dagli dei della mitologia romana. Il nome s’ispira al carattere del prodotto e la sequenza numerica, attribuita alle cuvée, consente una lettura esatta della composizione del vino grazie ad un codice attribuito a ogni vitigno. La prima vendemmia dell’azienda è stata nel 2007.

A Vinitaly presente tutta la gamma dei prodotti. Due bianchi: un Viognier, che sprigiona tutte le sue note varietali, e uno Chardonnay, ancora prova di botte, ma che già fa intravedere tutte le sue potenzialità. Un Merlot Rosato che, grazie al processo di fermentazione a freddo, riesce a sviluppare aromi fruttati e floreali, come rosa canina, ribes e more.
Diana Nemorensis I 2011, “DIANA Nemorensis” è la dea romana della caccia ed è espressione di eleganza e vigore giovanile. Queste sono le caratteristiche che ritroviamo in questo vino, ottenuto da un blend di Merlot, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc. Il risultato è un prodotto di corpo elegantemente esuberante. Il bouquet è fruttato, mora e lampone, con un finale speziato, accenni di vaniglia e richiami al cioccolato.
Janus Geminus I 2011 Prodotto da una particolare selezione delle migliori uve di Merlot, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc, sottoposte a un’attenta e accuratissima vinificazione. Grande complessità olfattiva che va dalla confettura di frutti rossi alle note terziarie di caffè, noce moscata, cannella e vaniglia.
Ceres Anesidora I 2011 ottenuto da Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc. Un prodotto austero e raffinato. Il bouquet punta soprattutto sulle note terziarie di caffè, cacao, chiodi di garofano e liquirizia che fanno passare in secondo piano accenni di confettura di ribes nero e piccoli frutti di sottobosco. In bocca la morbidezza glicerica riesce a equilibrare un tannino elegante, ma ancora giovane e scalpitante. 
Un’azienda giovane che crede nella scelta del terroir laziale e che sicuramente, in un futuro non tanto lontano, spiccherà il volo come la mitologica Fenice scelta come simbolo aziendale.